Passione Veneziana – VILLE E GIARDINI

Giberto Arrivabene fonde nel vetro il suo grande amore per La Serenissima

di Alessandra Mattirolo, foto di Federico Sutera

11 dicembre 2011

 

In casa avevamo armadi pieni di bicchieri, brocche e bellissimi oggetti di vetro. Alcuni rotti, altri sbeccati, altri che avevano 200 anni ma sembravano nuovi. Oggetti meravigliosi, molti in- trovabili”. È stata questa, racconta Giberto Arrivabene Talenti Gonzaga, Gibi per gli amici, una delle ragioni che lo ha spinto a dedicarsi al vetro, a reinventare gli oggetti dei suoi ricordi. Nato e vissuto con Venezia nel cuore, è cresciuto nelle stanze affrescate da Tiepolo di palazzo Papadopoli, sul Canal Grande, e ha sviluppato fin da piccolo il senso del bello e il desiderio di ricrear- lo. Orfano di padre dall’età di 9 anni, Giberto era l’uni- co maschio di casa, con due sorelle e una madre da cui ha eredito sensibilità e gusto per l’estetica. Dopo 10 anni tra Torino e Milano per gli studi e le prime espe- rienze di lavoro, tornato a Venezia ha iniziato 15 anni fa il suo lavoro con il vetro. Da allora ha realizzato una magnifica collezione di pezzi unici, soffiati e decorati dai maestri vetrai di Murano. Tra i più belli, la serie di bicchieri “Palazzo”, con incise le facciate degli edifici più importanti del Canal Grande: Palazzo Ducale, Grimani, Papadopoli, Spinelli, Ariani e Cà d’oro. “Goti”, come si chiamavano una volta, dalla forma semplice e tradizionale. “I calici”, racconta Gibi, “non mi sono mai piaciuti, le forme devono rimanere semplici, poi si pos- sono arricchire con preziosi dettagli”. Le pietre, per esempio, che ha usato per decorare la serie “Jai”, col bordo in argento. “Ero a Jaipur per comprare pietre dure di diversi colori. Lì mi è venuta l’idea, perché non incastonarle nei bicchieri?” Viaggi, ricordi, Venezia. Queste le fonti di ispirazione, come per la brocca che porta il suo nome “Gibi”: “Ce n’era una in casa che ave- va una forma strana, curiosa. L’ho rifatta con un becco d’argento come quello dei gabbiani di Venezia. È diven- tato il mio decanter, uno dei pezzi che più amo”. Nel via vai di casa Arrivabene la tavola è il luogo centrale dove famiglia e amici si incontrano. Un universo, quello di Gibi, ancora prevalentemente femminile. Sposato con Bianca di Savoia Aosta, ha 4 figlie femmine e un ma- schio di 10 anni. Alcuni bicchieri sulla tavola portano i loro nomi: Leonardo, Mafalda, Vera. Non solo bicchieri, non solo brocche. Nella collezione Arrivabene ci sono cornici, sottopiatti, saliere, centri tavola e, soprattutto, ciò che Gibi vorrebbe diventasse sempre di più parte centrale della sua produzione: le sculture. Il busto di Ottaviano Augusto di vetro rosso ambrato riflette sul da- vanzale la luce del Canal Grande. L’elemento creativo è sempre un divertimento, una scoperta. Malgrado le re- sponsabilità arrivate con la famiglia e con l’età, ha anco- ra intatto un trascinante senso dell’umorismo e una leg- gerezza che hanno il sopravvento su una natura malin- conica e nostalgica. “Venezia fa per me, si addice al mio carattere, è il posto ideale per vivere e per creare”.

Bianca e l’arte di ricevere

Elegante semplicità Bianca di Savoia Aosta, moglie di Giberto, è una padrona di casa pernulla formale. Ricevere per lei vuol dire avere un’allegra baraonda di adulti e bambini intorno al tavolo del giardino affacciato sul Canal Grande. In primavera e in estate, quando si pranza in giardino, si sente la voce dei gondolieri e gli amici che passano in barca si fermano per stare in compagnia. “Sono abituata ai grandi numeri”, afferma Bianca che ammette: “non sono una gran cuoca, ma cosa c’è di più buono di un buon piatto di spaghetti al pomodoro?” I bicchieri colorati di Gibi sono quelli che in famiglia si usano di più. Bianca ama mescolarli e come centro tavola usa la “Palla” dono che il marito le ha fatto per San Valentino. “Ogni amico che passa ne ha voluta una in regalo, è bella come centro tavola ma io la uso anche come ferma porta o presse-papier”.