Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga – UOMO VOGUE ITALIA

Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga

The Arrivabene Valenti Gonzaga in Venice.

10 April 2015

“Ogni volta che dal mio ufficio di fronte guardo casa divento pazza di felicità. Vedere le luci accese a tutte le finestre, sapere che c’è chi si prende cura di ogni minimo dettaglio dopo anni in cui ogni giorno c’era un pezzo di intonaco che cadeva, un lampadario che si sbriciolava, è fantastico. Prima il palazzo cascava a pezzi, e ora è spick-and-span”.

Bianca Arrivabene Valenti Gonzaga non sembra avere rimpianti sulla trasformazione di palazzo Papadopoli in un Aman resort. Eppure Adrian Zecha, il fondatore della catena che ha rivoluzionato il mondo degli hotel superlusso fin dall’apertura dell’Amanpuri di Phuket nell’88, aveva provato a incontrare lei e il marito Giberto per anni. “Ci contattavano periodicamente. Poi un giorno un amico ci ha portato Adrian a casa. In due ore abbiamo deciso: mio marito gli ha detto ‘Noi non vendiamo, affittiamo’. E quando lui ha accettato, ha aggiunto ‘Hai un altro problema: noi non usciamo, ci teniamo l’ultimo piano’. Zecha non ha battuto ciglio: ‘Cool. I miei ospiti saranno felici di incontrarvi’.

La ristrutturazione, blindata dalle Belle Arti, è stata eseguita alla perfezione, con una cura meticolosa di ogni minimo dettaglio”. L’effetto finale è sontuoso, ma arioso, luminoso, senza gli eccessi glitzy e sovraccarichi di troppi hotel. E poi, a differenza di altre strutture veneziane con sede in magioni di prestigio, l’aver dedicato i saloni del piano nobile interamente agli spazi comuni fa vivere, non solo agli ospiti dell’hotel ma anche a chi ci viene semplicemente a bere uno spritz, il lusso di avere un palazzo tutto per sé. Le 24 tra stanze e suites sono di un’eleganza understated: del resto se dormi sotto un affresco di Tiepolo, o hai a disposizione un salottino del ’700 colmo di chinoiseries rococò non hai bisogno di molto altro.

“Adrian ci disse che prima di iniziare a parlare di lavori voleva che soggiornassimo in uno dei suoi resort. Così al ritorno da uno dei nostri viaggi da Sai Baba, a Puttaparthi, ci siamo fermati in Rajasthan, all’Amanbagh. Venire dall’ashram e andare in un Aman è come prendere un aereo e andare in Giappone, c’è un contrasto enorme, un livello di lusso totalmente diverso. La cosa fantastica è che si occupano di tutti i tuoi sensi, di quello che vedi, di quello che annusi, di quello che tocchi, dalle forchette alle lenzuola.

Il servizio che apprezzo di più a Venezia? La spa, anche se da brava toscana/spartana ne sto alla larga: è sempre difficile per me coccolarmi a questo livello. L’unico spazio che è davvero cambiato radicalmente è il giardino: era una selva di glicini, pitosforo, rose, tigli e gelsomini. Totalmente laidback, e ora perfettamente curato”.

Ospiti interessanti? “Molti inglesi, generalmente piacevoli. Per il matrimonio di Clooney invece siamo andati via. Eravamo presi d’assedio come non succedeva dai tempi del nostro matrimonio”.

I momenti migliori per godersi Venezia? “Marzo e ottobre, clima ottimale, luce fantastica. La Biennale, il festival del cinema, i grandi eventi sono pretesti, a Venezia bisogna venire per visitare l’Accademia, Ca’ Rezzonico, Palazzo Mocenigo, Ca’ Pesaro, i musei di San Polo e Santa Croce”.

Consulente per Christie’s, eternamente in jeans, camicia e All Star, Bianca Arrivabene non ha cambiato look per adeguarsi a eventuali aspettative sull’aristocratica padrona di casa da parte degli ospiti dell’Aman. “Ho sempre lo stesso, meraviglioso monocappotto di Prada. Dopo 10 anni era un po’ andato, ma sono stati così gentili da rifarmelo uguale. Quando sono con mio marito, il contrasto non potrebbe essere maggiore: lui è sempre un gran signore elegantissimo, io sembro una stracciona”.

Attenzione al look a parte, Giberto e Bianca Arrivabene sono perfettamente in sintonia: anche lui (“e le mie adorabili sorelle comproprietarie”) è soddisfatto del deal con l’Aman: “Sono felice che si siano creati 70 posti di lavoro per i ragazzi simpatici che lavorano qua. E poi il ristorante, adesso che è affidato a Riccardo De Prà, è eccezionale, e il nostro barman italoamericano è semplicemente fantastico”.

Occupatissimo con le sue collezioni di oggetti in vetro, un’attività iniziata “resuscitando” vecchi pezzi di casa per sé e gli amici, e trasformatasi negli anni nella creazione di un marchio apprezzato in tutto il mondo, sta lavorando a un pezzo particolarmente impegnativo: “La riproduzione in vetro colorato della Paolina Borghese di Canova. Ho ottenuto il permesso per scannerizzarla e i diritti per riprodurne 14 esemplari. È un oggetto estremamente complesso da realizzare: il problema delle statue di vetro è che di solito sono prive di dettagli; per catturare la finezza dell’opera di Canova occorre utilizzare la tecnica di Lalique, con quattro stampi diversi. Ho consultato tanti dei miei artigiani vetrai prima di affidarla a uno straordinario maestro di 70 anni che è stato così pazzo da accettare. I due primi esemplari si sono rotti, ma continuiamo a tentare”.

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